Aprile 2009: gli interventi nelle aree del terremoto di Abruzzo. Dalle prime ore di lunedì 6 aprile il Cngei ha attivato su richiesta del Dipartimento di Protezione Civile le proprie squadre di volontari. NEC RECISA RECEDIT in ricordo di tutte le vittime del Sisma dell'Abruzzo del 6 Aprile 2009, |
Toomai Alato - Bolzano Lunedì mattina sento al telegiornale che in Abruzzo c'è stato il terremoto, interi quartieri sono crollati, migliaia di persone sfollate. |
Le foto di Ermanno Zappacosta documentano lo stato della sede del CNGEI a l'Aquila |
Marco - OSSG - Milano Da l'Aquila ci arrivano le fotografie della nostra sede GEI devastata dal terremoto. Le ha mandate Ermanno che coordina le attività del Corpo Nazionale nell'area. Grazie, per tutto! |
Le foto di Ermanno Zappacosta documentano lo stato della sede del CNGEI a l'Aquila |
Ermanno Zappacosta - Commissario Regionale coordinatore GEI all'Aquila Nei luoghi deserti noi costruiremo con nuovi mattoni. Ci sono macchine e mani e creta per i nuovi mattoni e calce per un nuovo cemento. |
Andrea - Alce Saggia - Sez. Francesco Pinton - C.N.G.E.I. di Padova Quattro, cinque al massimo sei telefonate. Un paio di email, un "ciao, torno presto, resto in contatto telefonico". E poi di corsa a fare la spesa, prendiamo anche 2 casse di acqua. Prendiamo le tende, i fornellini, tutto quello che ci serve per essere completamente autosufficienti. E poi via stretti in 5 in una macchina, in autostrada. Un viaggio pesante, con gli occhi sbarrati. Non scambiamo parole su quel che ci aspetta, ascoltiamo isoradio e gli aggiornamenti sul numero delle scosse. Arriviamo alle 3 del mattino di lunedì, ventiquattro ore dopo il disastro. Interminabili code di auto lungo la statale che da Teramo porta a l'Aquila, con i vetri appannati, con la gente distesa a dormire. Le strade piene di mezzi di soccorso e di ruderi di quelle che un giorno prima erano case. Sembrava avessero subito un bombardamento. Attraversiamo da est a ovest l'Aquila per dirigerci al coordinamento dei volontari e lo scenario è impressionante. In macchina c'è il silenzio e qualcuno ha spento la radio. Al coordinamento i Responsabili CNGEI ci registrano e ci dicono di presentarci alle 8.00 per essere assegnati ad una squadra. Allora dormiamo qualche ora nel palazzetto dello sport della Scuola della Guardia di Finanza, a Coppito. Dopo qualche ora di sonno, la mattina ci assegnano al Campo di Tempera, a Paganica. Arriviamo sul posto, in un paesino lungo la Statale che abbiamo percorso nella notte, riattraversando l'Aquila, che di giorno si mostra per quella che è realmente, dove non un palazzo sembra voler rimanere in piedi. Al Campo di Tempera cominciamo a darci da fare sul serio. Rimaniamo in questo paesino per 4 giorni. Montiamo le tende Blu del ministero dell'interno, e cerchiamo di fare il più velocemente possibile. Con noi c'è una squadra della Protezione Civile di Trevi e una squadra della Misericordia di Avellino, che nella persona di Michael coordina tutto il campo. Per una tenda però occorrono 40minuti per il montaggio. E il sole certo non aiuta. La prima sera ci sono 16 tende montate e tanta gente che affluisce per dormire in una branda. La seconda sera le tende sono 29 e il lavoro è completo. Alcuni disagi si fanno sentire più di altri, l'acqua corrente non c'è, l'elettricità è collegata a una torre-faro, ma non arriva ovunque nel campo. Michael passa il tempo al telefono, per lo più incavolato con l'interlocutore all'altro capo, cercando di farsi arrivare i servizi che servono al campo. Poi piano piano arrivano i servizi, addirittura una cucina da campo. Noi continuiamo a montare tende, a scaricare camion di acqua in bottiglia e di derrate alimentari. Gli abitanti del luogo sono per lo più anziani, e poco possono fare. Qualcuno di più giovane ci aiuta con le tende. Qualcun altro si preoccupa di fare caffè tutto il giorno, per distribuirlo ai volontari. E in tutto questo, le scosse di terremoto ogni tanto si fanno sentire e anche pesantemente. Quando accade, le persone del luogo cadono nello sconforto e subentra il panico, che si esaurisce quasi subito. Dopo quattro giorni, pesantemente affaticati, il campo ha preso vita e muove i suoi primi passi. E' il momento per noi di prendere la macchina e fare ritorno a casa. Salutiamo chi con noi ha faticato, e riceviamo ringraziamenti e strette di mano da chi con noi ha lavorato e anche da quelle stesse persone che hanno perso la casa. Li per li dentro di me rifiuto questi ringraziamenti. Quasi non li voglio. Perché penso "non sono venuto qui per fare qualcosa per essere ringraziato" quasi che un ringraziamento potesse sminuirmi. Poi però capisco che un "grazie" e un sorriso non sono altro che regali immensi, i più grandi che si possano ricevere in questi casi. Facciamo rientro a casa, ma anche nel viaggio di ritorno non scambiamo parole su quel che abbiamo visto e vissuto. Ognuno di noi 5, lo so perché ci conosciamo, ha pensato 5 minuti alla possibilità di partire per l'Abruzzo e poi ha detto si. Perché lo Scoutismo che noi 5 (come molti altri!!) abbiamo vissuto, è quello che ti educa al Servizio, alla Fratellanza, alla Solidarietà. Non voglio essere banale, ma tra la teoria e la pratica, in questi casi, c'è un abisso. Quando ho contattato le altre 4 persone per partire, sapevo già che saremmo partiti tutti e 5. Sapevo già che ognuno di noi era già contento dentro di se per essere partito. Per Fratellanza vera, per fare Servizio, per Esserci davvero. Ciò che ha accumunato noi è ciò che mi piacerebbe trasmettere ad ogni Adulto Scout e Rover: Scoutismo è Servire il prossimo, nel concreto, senza troppi giri di parole. |
Francesco - Arciere del Sole - Roma 9 Alla fine sono partito. Avevo programmato questa vacanza con la mia famiglia da lungo tempo, fatto una promessa alle mie figlie, mi sarei ritrovato con tutti i miei familiari dopo tanti anni, finalmente tutti insieme, a passare una Pasqua diversa, ma io non ce la facevo a non pensare ai miei fratelli sul campo. E così, con il consenso e la partecipazione della mia famiglia, ho girato il camper e sono tornato a Roma, ho preparato lo zaino in tutta fretta e sono partito: direzione attendamento di Coppito, L'Aquila. Nel cuore tanta ansia per l'incognita che mi aspettava, ma ero deciso, fermamente deciso a non perdere questa occasione di rendermi utile, di fare la mia parte. Ho trovato una situazione ovviamente difficile, caotica nel suo ordine, perché si vedeva che tutto stava seguendo un filo conduttore, ma nessuno sapeva dirmi dove potevo rendermi utile. Vedevo solo tanti scout in movimento e avevo la netta sensazione che sapevano che cosa fare, come se ce l'avessero nel sangue, nel codice genetico. Allora ho messo i guanti da lavoro e mi sono mosso. Non mi sono mai fermato nei giorni seguenti, ma ho avuto modo di riflettere e ho visto. Ho visto la squadra di scout addetta al montaggio girare sino a tarda sera nei diversi accampamenti per completare la messa in opera delle tende; ho visto la squadra di scout addetti al campo girare ininterrottamente per tutto il giorno tra quelle tende a dare conforto alle persone disperate; ho visto la squadra scout addetta ai container passare ore e ore a spostare e catalogare l'incredibile quantità di materiale che arrivava di giorno e di notte; ho visto la squadra scout addetta al refettorio e alla cucina prodigarsi faticosamente per servire con ordine più di 2000 pasti al giorno; ho visto la squadra scout addetta al mantenimento del campo costruire sino a tarda sera di tutto, dagli stendini alle cucce per cani, esaudendo le richieste della gente; ho visto la squadra scout addetta alla ludoteca portare il sorriso sui visi impauriti dei bambini ma, soprattutto, ho visto più di cento scout muoversi all'unisono ed eseguire qualsiasi ordine arrivava, in qualsiasi momento, da qualunque persona senza chiedersi il perché, senza guardare ai ruoli, al colore delle uniformi, alle cariche, alle anzianità, ma solo perché andava fatto. E nel pianto consolato di quelle persone, nel sorriso ritrovato di quei bambini, nella generosa e ininterrotta operosità dei nostri ragazzi io ho capito tutto il senso dei miei trentatré anni di scoutismo e ne sono orgoglioso, oggi più che mai. Tornerò sicuramente a Coppito, non per sentirmi eroe, ma per sentirmi scout. |