Aprile 2009: gli interventi nelle aree del terremoto di Abruzzo.

Dalle prime ore di lunedì 6 aprile il Cngei ha attivato su richiesta del Dipartimento di Protezione Civile le proprie squadre di volontari.
Il Corpo Nazionale dedica un'ampia documentazione agli interventi degli scout a cui si aggiungono le testimonianze raccolte dall'Ordine.

NEC RECISA RECEDIT

in ricordo di tutte le vittime del Sisma dell'Abruzzo del 6 Aprile 2009,
a tutti i volontari che si sono avvicendati

E' in vendita stampata la pubblicazione i cui proventi saranno impiegati per ricostruire la sede CNGEI a L'Aquila.

L'intero testo è ora anche scaricabile dalla rete.

Toomai Alato - Bolzano
Da: Riccardo Raveane <[email protected]>
A: federico lunardi <[email protected]>
Inviato: Mercoledì 6 maggio 2009, 10:50:21
Oggetto: Terremoto
Non so se è quello che cercavi, ma alla fine ti mando questo che avevo scritto di getto dopo che ne avevamo parlato la prima volta.

Ciao
Riccardo
PS: Se dovessi parlare alla compagnia di questi giorni direi che ho capito che spesso non vale la pena di sbattersi per ottenere beni materiali, tralasciando i beni più preziosi quali la famiglia, le amicizie e i ricordi. Perché in fondo (anche se è un po' retorico) domani non sappiamo cosa avremo in mano di tutto ciò che avevamo quando siamo andati a letto. Inoltre parlerei dell'orgoglio della gente che ho visto. Pochissimi si piangevano addosso e se ne stavano con le mani in mano. (Orgoglio Italiano??) E ancora del mio orgoglio di essere scout e di avere rover che si sono incazzati di non poter venire a dare una mano perchè qualcuno ha valutato che non fosse il caso.

Lunedì mattina sento al telegiornale che in Abruzzo c'è stato il terremoto, interi quartieri sono crollati, migliaia di persone sfollate.
Chiamo Maurizio, il mio capo gruppo, che ha già partecipato a diverse esercitazioni della protezione civile, per offrire la mia disponibilità. Maurizio mi dice che ha già ricevuto il foglio di precettazione da parte del dipartimento di protezione civile e che anche Roberto si è offerto per aiutare. Ci organizziamo un po' (passiamo in sede a prendere una tenda, un fornelletto, quattro pentole e un po' di viveri e alle 17 partiamo alla volta de L'Aquila con la Meriva di Roberto.
Arriviamo alla Caserma della Guardia di Finanza verso le 2 di notte e subito ci mettiamo a disposizione per aiutare la segreteria dei volontari allestita nel pomeriggio da alcuni ragazzi dell'AGESCI. La mole di persone che arriva da tutte le parti d'Italia è impressionante, inseriamo centinaia di nomi. Ci diamo il turno per dormire un paio di ore mentre la terra trema più volte.
Verso le 7 di mattina prendiamo pieno possesso della segreteria dei volontari, registriamo e indirizziamo, secondo le necessità espresse dal funzionario DPC (Dipartimento di Protezione Civile), i volontari presso le strutture che necessitano del loro aiuto. La confusione è grande, spesso non sappiamo dove mandare la gente. Non conosciamo ancora come funziona la macchina della Protezione Civile e quindi non sappiamo come aiutare tutte le persone che entrando dalla porta della DICOMAC (Direzione di COMando e Controllo) trovano noi come primo impatto. C'è chi capisce e chi si altera, fortunamente c'è Anita (il funzionario DPC) che, essendo del mestiere, indirizza la maggior parte delle persone al posto giusto. Per fortuna abbiamo portato il fornelletto e la moka da 6. Diventiamo presto amati per il nostro caffettino bollente che eroghiamo in maniera pressoché continua. Il tutto è condito da diverse scosse di terremoto, che nella palestra si avvertono chiaramente. E' commovente l'orgoglio e la forza con cui i ragazzi della compagnia dell'Aquila, pur avendo perso praticamente tutto, si prestano per aiutare i propri concittadini. Vengono utilizzati soprattutto come guide, per portare i soccorsi nelle diverse frazioni della città.
Nel pomeriggio di martedì io e Roberto ci offriamo per andare a montare un po' di tende nel campo di Coppito. Qui troviamo un po' di ragazzi del CNGEI, che sotto la direzione di Ermanno stanno montando le prime tende della PC in un campo da calcio in cui affondiamo nel fango (chiaramente, come se non bastasse, la notte è grandinato e piovuto) Con l'aiuto di un po' di ragazzi dell'AGESCI, di alpini dell'ANA e di volontari locali, in un pomeriggio montiamo una quarantina di tende e le allestiamo con brande e materassi per i primi sfollati che già attendono nel piazzale antistante. Mentre montiamo le tende conosco una coppia di ragazzi del posto; hanno perso tutto, casa propria, casa dei genitori, laboratorio e quindi il lavoro, ma riescono a trovare del positivo in mezzo a tutto ciò: stiamo bene, ci vogliamo bene e quindi possiamo riiniziare da capo. Io non so se personalmente sarei così forte. Ormai esausti fisicamente, torniamo alla DICOMAC, e riprendiamo a fare segreteria. Verso le 2 di notte andiamo a dormire sulle gradinate della palestra.
Alle 6 riprendiamo il nostro lavoro e scopriamo con gioia che fuori dalla palestra è stato allestito un gazebo dell'Autogrill che eroga gratuitamente a getto continuo caffè e brioche per tutti i volontari. La giornate riprende come la precedente, mentre Maurizio cerca di migliorare il software per la registrazione e soprattutto per il rilascio delle certificazioni per il lavoro dei volontari. Roberto viene dirottato presso un campo con una squadra del CNGEI per gestire i materiali che arrivano di continuo al campo.
Durante il pomeriggio conosciamo Antonello, un militare del battaglione San Marco che ha preso ferie per dare una mano. Questo assieme a Quinto, un signore che ha perso tutto, ci coinvolge in una "missione notturna" per andare a portare cibo e coperte agli abitanti di una frazione dell'Aquila, che sono isolati. Partiamo verso mezzanotte e torniamo tre ore dopo, fornendo ai funzionari DPC le necessità della frazione ed organizzando una squadra per il montaggio di un campo nello stadio della frazione.
Dopo poche ore di sonno (per fortuna quando dormo non sento le scosse di terremoto) e una doccia rigenerante, riprendiamo l'attività di segreteria. Arrivano molti volontari solitari e cittadini non iscritti alle associazioni di PC, con rammarico dobbiamo mandarli a "cercare lavoro" presso i campi, noi non possiamo prendere in carico personale non iscritto alle associazioni riconosciute dal DPC. Passa un altro giorno, ed iniziamo a rilasciare i documenti per i datori di lavoro, per attestare la partecipazione dei volontari ai lavori di PC. Verso le 1 stacchiamo esausti e ci ripresentiamo in postazione verso le 6.30.
E' venerdì 10 aprile, giorno dei funerali di Stato. Questi si svolgeranno nel piazzale antistante la DICOMAC. E' straziante vedere tutte quelle bare allineate sul piazzale, alcuni dei nostri hanno lavorato tutta la notte per allestire il palco e le sedie per i famigliari delle vittime e per le autorità. Durante la cerimonia c'è un attimo di tregua. Bertolaso seduto a pochi passi da noi è un uomo distrutto dalla stanchezza e dalla pressione psicologica. Ci incoraggia e ci ringrazia per il lavoro che svolgiamo.
Finita la cerimonia entrano in DICOMAC tutte le personalità presenti; Il presidente della repubblica, Berlusconi e molti altri. Quando entra, il ministro degli interni Maroni, ci saluta cordialmente,e dopo un po' torna e si mette a parlare con noi, chiedendoci qual è il nostro compito e dando l'idea di conoscere bene lo scoutismo. Gli Agisci scherzano dicendo che è venuto da noi perché abbiamo le camice verdi.
Poi inizia il delirio, centinaia di volontari, molti dei quali venuti solo per i funerali, vanno a casa e quindi richiedono i certificati. Alle 00.30 la cosa si calma. Passiamo le consegne ad un ragazzo dell'Agesci e andiamo a dormire.
Il mattino seguente dopo aver salutato gli amici, partiamo per Bolzano con in mente la forza e l'orgoglio del popolo abruzzese. Arrivati a casa troviamo ad attenderci Davide, il presidente di Sezione.
Maurizio, Roberto e Davide ripartono giovedì per un nuovo turno.

Le foto di Ermanno Zappacosta documentano lo stato della sede del CNGEI a l'Aquila

Marco - OSSG - Milano

Da l'Aquila ci arrivano le fotografie della nostra sede GEI devastata dal terremoto. Le ha mandate Ermanno che coordina le attività del Corpo Nazionale nell'area. Grazie, per tutto!
Nulla induceva all'ottimismo: che la nostra sede, cioè, potesse uscirne bene. Ma come sempre vedere e toccare le cose, percepire che il disastro si è avvicinato fino a sfiorare qualcosa o qualcuno che si conosce ci fa rabbrividire.
È infine quello che si prova "andando giù". È anche ciò che ci motiva ad "andare giù", se riusciamo ad anticipare questa sensazione e, poi, a organizzarla come motore delle competenze che dobbiamo mettere in gioco quando lavoriamo in emergenza.
Credo che questi siano oggi i punti cardine per affrontare ogni disastro: motivazione e competenza.
Per me il terremoto è stata una breve visita di "scouting" all'Aquila e Onna, poi molto lavoro in sala gestione crisi della Regione Lombardia e formazione continua ai turni montanti di volontari e tecnici, nella mia responsabilità di direttore scientifico della Scuola Superiore di Protezione Civile (istituita da Regione Lombardia nel 2003).
Non ho fatto il boy scout ma il mio lavoro: anche se ancora non ho capito la differenza ;-)
Rispetto a questo impegno desidero sottolineare due aspetti, sui quali magari tornare a bocce ferme e prendere spunti per prossime attività GEI.
Il primo si sintetizza in quello che vado a ripetere ai volontari in queste settimane: "la maggior parte di voi non andrà in Abruzzo. Il nostro obiettivo sarà sempre più quello di mobilitare il minor numero di risorse, ma tutte altamente qualificate. Il vostro servizio si compie nel mettervi a disposizione, pronti a partire. Senza necessariamente partire". Tutto questo per dire che la motivazione è solo la molla che giustifica la messa in opera di elevate competenze in particolari situazioni di rischio.
Da cui il secondo aspetto: ciascuno faccia quello di cui è capace al meglio. È a questo punto che si entra in gioco proprio noi come scout, perché la questione emergente oggi non è la risposta immediata (intendo le prime 48/72 ore) all'emergenza focalizzata sul recupero delle vittime, la gestione sanitaria, ecc. Siamo bravissimi a farlo con la Difesa Civile. Ma la questione è l'avvio dei campi e la loro gestione che implica una ricostruzione lenta, delicata e dolorosa del tessuto di relazioni e di società che è stato attaccato, ferito e distrutto, lacerando la comunità. Di queste competenze c'è molto bisogno e noi, GEI, abbiamo la stoffa per proporci come protagonisti. Occhio, non basta essere buoni scout per sapere fare bene queste cose. Ma noi partiamo da un buon livello per migliorarci.
Magari ne riparliamo tra un'emergenza e l'altra, quando assume importanza la nostra cosciente responsabilità di essere cittadini.
Buon Cammino

Le foto di Ermanno Zappacosta documentano lo stato della sede del CNGEI a l'Aquila

Ermanno Zappacosta - Commissario Regionale coordinatore GEI all'Aquila

Nei luoghi deserti noi costruiremo con nuovi mattoni. Ci sono macchine e mani e creta per i nuovi mattoni e calce per un nuovo cemento.
Dove i mattoni sono crollati noi costruiremo con nuove pietre.
Dove le travi sono spezzate noi costruiremo con nuovo legno.
Dove la parola non è pronunciata noi costruiremo con nuovo linguaggio.
C'è un lavoro comune, e c'è una fede per tutti, un compito per ognuno.
Ogni uomo al suo lavoro.
 ( di Thomas S. Eliot)

 
Nel cuore della notte siamo stati svegliati dal terremoto, l'evento più disastroso e disorganizzatore della vita dell'uomo. L'Aquila, la città delle passeggiate nella mia infanzia in visita agli zii...del pane ottimo di Paganica preso in sosta durante le estati Rover...la città dai meravigliosi palazzi antichi...la fontana delle 99 cannelle...le chiese ed i vicoli...gli amici ed i fratelli scout di tanti anni.
Tutto questo è cambiato, è cambiato il rapporto stesso con la vita di tutti i giorni, dopo aver provato le emozioni forti di vedere tutto quanto vissuto nei diversi anni totalmente cambiato, ridotto allo stato di rovina.
Siamo corsi all'Aquila da tutta l'Italia col fiato in gola, con le mani che ci fremevano, con la voglia di cambiare il destino di quanti rimasti senza casa ed affetti si sono attaccati a noi apprezzando lo sforzo nel lavorare senza sosta.
Siamo diventati sangue, sudore, lacrime, cuore, anima, sorriso di quella gente...ci hanno chiamati in ogni modo: angeli, infaticabili, lavoratori, amici, fratelli.
Ho visto tanti scout girare e lavorare, con loro, calzando i guanti, non mi sono mai fermato. Abbiamo montato tende, costruito tavoli e attaccapanni, dispensato vitto e vestiario, organizzato momenti di gioco per i bambini, portato il sorriso sui visi impauriti della gente...abbiamo portato a spalla i feretri dei nonni, delle mamme, dei bambini. Tutti eravamo all'unisono come una meravigliosa orchestra, senza ruoli, cariche o distintivi di fondo colorato ma solo scout. Solo questo è stato il modo in cui abbiamo dimostrato il senso dei nostri tanti anni passati nello scautismo, sono fiero di aver dimostrato questo e di aver trovato tanti fratelli con il quali continuare il cammino.
Fraterni abbracci

Andrea - Alce Saggia - Sez. Francesco Pinton - C.N.G.E.I. di Padova

Quattro, cinque al massimo sei telefonate. Un paio di email, un "ciao, torno presto, resto in contatto telefonico". E poi di corsa a fare la spesa, prendiamo anche 2 casse di acqua. Prendiamo le tende, i fornellini, tutto quello che ci serve per essere completamente autosufficienti. E poi via stretti in 5 in una macchina, in autostrada. Un viaggio pesante, con gli occhi sbarrati. Non scambiamo parole su quel che ci aspetta, ascoltiamo isoradio e gli aggiornamenti sul numero delle scosse.  Arriviamo alle 3 del mattino di lunedì, ventiquattro ore dopo il disastro. Interminabili code di auto lungo la statale che da Teramo porta a l'Aquila, con i vetri appannati, con la gente distesa a dormire.  Le strade piene di mezzi di soccorso e di ruderi di quelle che un giorno prima erano case. Sembrava avessero subito un bombardamento. Attraversiamo da est a ovest l'Aquila per dirigerci al coordinamento dei volontari e lo scenario è impressionante. In macchina c'è il silenzio e qualcuno ha spento la radio. Al coordinamento i Responsabili CNGEI ci registrano e ci dicono di presentarci alle 8.00 per essere assegnati ad una squadra.  Allora dormiamo qualche ora nel palazzetto dello sport della Scuola della Guardia di Finanza, a Coppito.  Dopo qualche ora di sonno, la mattina ci assegnano al Campo di Tempera, a Paganica.  Arriviamo sul posto, in un paesino lungo la Statale che abbiamo percorso nella notte, riattraversando l'Aquila, che di giorno si mostra per quella che è realmente, dove non un palazzo sembra voler rimanere in piedi.   Al Campo di Tempera cominciamo a darci da fare sul serio.  Rimaniamo in questo paesino per 4 giorni.  Montiamo le tende Blu del ministero dell'interno, e cerchiamo di fare il più velocemente possibile. Con noi c'è una squadra della Protezione Civile di Trevi e una squadra della Misericordia di Avellino, che nella persona di Michael  coordina tutto il campo. Per una tenda però occorrono 40minuti per il montaggio. E il sole certo non aiuta. La prima sera ci sono 16 tende montate e tanta gente che affluisce per dormire in una branda. La seconda sera le tende sono 29 e il lavoro è completo. Alcuni disagi si fanno sentire più di altri, l'acqua corrente non c'è, l'elettricità è collegata a una torre-faro, ma non arriva ovunque nel campo. Michael passa il tempo al telefono, per lo più incavolato con l'interlocutore all'altro capo, cercando di farsi arrivare i servizi che servono al campo. Poi piano piano arrivano i servizi, addirittura una cucina da campo. Noi  continuiamo a montare tende, a scaricare camion di acqua in bottiglia e di derrate alimentari. Gli abitanti del luogo sono per lo più anziani, e poco possono fare. Qualcuno di più giovane ci aiuta con le tende. Qualcun altro si preoccupa di fare caffè tutto il giorno, per distribuirlo ai volontari. E in tutto questo, le scosse di terremoto ogni tanto si fanno sentire e anche pesantemente. Quando accade, le persone del luogo cadono nello sconforto e subentra il panico, che si esaurisce quasi subito.  Dopo quattro giorni, pesantemente affaticati, il campo ha preso vita e muove i suoi primi passi. E' il momento per noi di prendere la macchina e fare ritorno a casa. Salutiamo chi con noi ha faticato, e riceviamo ringraziamenti e strette di mano da chi con noi ha lavorato e anche da quelle stesse persone che hanno perso la casa.  Li per li  dentro di me rifiuto questi ringraziamenti. Quasi non li voglio. Perché penso "non sono venuto qui per fare qualcosa per essere ringraziato" quasi che un ringraziamento potesse sminuirmi. Poi però capisco che un "grazie" e un sorriso non sono altro che regali immensi, i più grandi che si possano ricevere in questi casi. Facciamo rientro a casa, ma anche nel viaggio di ritorno non scambiamo parole su quel che abbiamo visto e vissuto.  Ognuno di noi 5, lo so perché ci conosciamo, ha pensato 5 minuti alla possibilità di partire per l'Abruzzo e poi ha detto si. Perché lo Scoutismo che noi 5 (come molti altri!!) abbiamo vissuto, è quello che ti educa al Servizio, alla Fratellanza, alla Solidarietà. Non voglio essere banale, ma tra la teoria e la pratica, in questi casi, c'è un abisso.  Quando ho contattato le altre 4 persone per partire, sapevo già che saremmo partiti tutti e 5. Sapevo già che ognuno di noi era già contento dentro di se per essere partito. Per Fratellanza vera, per fare Servizio, per Esserci davvero. Ciò che ha accumunato noi è ciò che mi piacerebbe trasmettere ad ogni Adulto Scout e Rover: Scoutismo è Servire il prossimo, nel concreto, senza troppi giri di parole.

Francesco - Arciere del Sole - Roma 9

Alla fine sono partito. Avevo programmato questa vacanza con la mia famiglia da lungo tempo, fatto una promessa alle mie figlie, mi sarei ritrovato con tutti i miei familiari dopo tanti anni, finalmente tutti insieme, a passare una Pasqua diversa, ma io non ce la facevo a non pensare ai miei fratelli sul campo. E così, con il consenso e la partecipazione della mia famiglia, ho girato il camper e sono tornato a Roma, ho preparato lo zaino in tutta fretta e sono partito: direzione attendamento di Coppito, L'Aquila. Nel cuore tanta ansia per l'incognita che mi aspettava, ma ero deciso, fermamente deciso a non perdere questa occasione di rendermi utile, di fare la mia parte. Ho trovato una situazione ovviamente difficile, caotica nel suo ordine, perché si vedeva che tutto stava seguendo un filo conduttore, ma nessuno sapeva dirmi dove potevo rendermi utile. Vedevo solo tanti scout in movimento e avevo la netta sensazione che sapevano che cosa fare, come se ce l'avessero nel sangue, nel codice genetico. Allora ho messo i guanti da lavoro e mi sono mosso. Non mi sono mai fermato nei giorni seguenti, ma ho avuto modo di riflettere e ho visto. Ho visto la squadra di scout addetta al montaggio girare sino a tarda sera nei diversi accampamenti per completare la messa in opera delle tende; ho visto la squadra di scout addetti al campo girare ininterrottamente per tutto il giorno tra quelle tende a dare conforto alle persone disperate; ho visto la squadra scout addetta ai container passare ore e ore a spostare e catalogare l'incredibile quantità di materiale che arrivava di giorno e di notte; ho visto la squadra scout addetta al refettorio e alla cucina prodigarsi faticosamente per servire con ordine più di 2000 pasti al giorno; ho visto la squadra scout addetta al mantenimento del campo costruire sino a tarda sera di tutto, dagli stendini alle cucce per cani, esaudendo le richieste della gente; ho visto la squadra scout addetta alla ludoteca portare il sorriso sui visi impauriti dei bambini ma, soprattutto, ho visto più di cento scout muoversi all'unisono ed eseguire qualsiasi ordine arrivava, in qualsiasi momento, da qualunque persona senza chiedersi il perché, senza guardare ai ruoli, al colore delle uniformi, alle cariche, alle anzianità, ma solo perché andava fatto. E nel pianto consolato di quelle persone, nel sorriso ritrovato di quei bambini, nella generosa e ininterrotta operosità dei nostri ragazzi io ho capito tutto il senso dei miei trentatré anni di scoutismo e ne sono orgoglioso, oggi più che mai. Tornerò sicuramente a Coppito, non per sentirmi eroe, ma per sentirmi scout.